CLOWN PATATA, ITALO CAVEAGNA
Una famiglia di attori circensi porta allegria nei paesi della pedemontana. Una vita raccontata da un furgone e un fondale rosso e blu. Il lavoro sulle orme del bisnonno che rinnegò la Chiesa per fuggire con l’amore
Papere e nostalgia nel circo del clown Patata.
I saltimbanchi, il classico faccione sorridente di un pagliaccio, il circo: lo spettacolo più antico del mondo. Questo è il manifesto che si può trovare in questi giorni nei piccoli paesini della Pedemontana, da Fontanafredda (oggi e domani spettacolo al parco Peep di Villadolt, dalle 21) a Montereale, con il quale una piccola compagnia famigliare di artisti circensi annuncia i propri spettacoli. L’allestimento è molto semplice. Il furgone funge da camerino, davanti c’è un fondale rosso e blu sul quale campeggia la scritta Patata Show, la pista è costituita da un telo semicircolare con una grande stella, attorno al quale sono disposte tante seggioline di plastica colorate, che alla sera si riempiono di bimbi, mamme e nonni. Si ripete un rito semplice e antico che, per fortuna, alcune famiglie continuano a portare avanti affrontando grandi sacrifici: lo spettacolo di strada degli artisti girovaghi.
Entra il clown Patata e annuncia che loro non vogliono stupire nessuno, ma semplicemente far passare a tutti una bella serata. E così è. Qualche numero di giocoleria, la fantasia western con le fruste, il numero del mangiafuoco, il lancio dei coltelli. “Miss Elisabeth” esegue le sue acrobazie aeree appesa ad una mezzaluna dall’aria alquanto instabile, col suo corpo aggraziato da contorsionista e il volto dai tratti forti. La “giovanissima Kelly”, la figlia tredicenne, si esibisce nel numero degli hula hop, poi si fa rinchiudere in un box di legno e tagliare a zig zag. Il padre fa un paio di numeri di illusionismo in cui il trucco c’è e si vede (ma va bene così!) ostacolato da Patata che nasconde la papera “Qua Qua” proprio in mezzo ai pantaloni… e si prende qualche bel morsicotto!
Anche questa sera, grazie a Sant’Antonio, il cielo ha retto. Ora si smonta tutto, perché domani si ricomincia in un’altra piazza. Non è una vita facile quella dei girovaghi, ma loro ce l’hanno nel sangue, non riuscirebbero proprio a farne a meno, come confessano dopo lo spettacolo. «Proveniamo da un’antica famiglia d’arte – spiega Patata, al secolo Italo Caveagna, con la camicia aperta sul petto possente e un’enorme crocifisso d’oro al collo – Mio bisnonno era prete, ha dismesso la tonaca e ha cominciato a fare circo con la sua donna. Un tempo avevamo un circo grande tutto nostro e io ho lavorato cinque anni con Moira Orfei, poi mia moglie, che è un’acrobata portoghese, è caduta dal trapezio, così ho preferito organizzarmi con qualcosa di più piccolo».Ma Yvonne Irene Netodo Santos non ha perso il suo sorriso e soprattutto l’amore infinito per il circo e appoggiandosi alla sua stampella vende il pop corn e lo zucchero filato ai piccoli spettatori. Il cognato appartiene a un’altra stirpe circense, i De Bianchi, dai quali proviene il ramo dei Togni. E la papera? «La tengo in giardino, ma spesso sconfina in salotto. Quando lei e il coniglietto nano di mio figlio dormono tra le zampe del mio pastore belga è uno spettacolo commovente. Ogni volta che preparo il furgone e lo metto in moto si avvicina facendo il suo verso come per dirmi: hey, nella compagnia ci sono anch’io, non dimenticatemi qua!».
Clelia Delponte
da Il Gazzettino on line
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