«Slava’s Snowshow», quando il clown è poesia
Slava’s Snowshow, in scena al Teatro Valle di Roma e poi in tournée, è l’opposto del Cirque du Soleil. Se quest’ultimo è il trionfo degli effetti speciali, lo spettacolo di Slava e dei suoi clown è la poesia del circo e insieme il suo senso del comico, del grottesco e dell’imprevisto. Il russo Slava Polunin ha riscattato il clown dal circo per farne il protagonista di un vero spettacolo teatrale il gran naso posticcio, la sciarpa e le babbucce rosse. È un clown doverosamente comico ma talvolta triste. In una scena fra le più originali, che ricorda Beckett, vuole impiccarsi, ma la corda non finisce mai e gli è impossibile farlo. In altre scene, è un clown poetico che gioca con i palloni, ma in altre, lui e i suoi colleghi cercano un contatto fisico con gli spettatori, avvolgendoli in una tela di ragno, invitandoli a giocare insieme con palloni e palloncini, portandoli sul palcoscenico per diventare anch’essi attori.rappresentato in tutto il mondo. Al centro della scena c’è lui con la sua modesta tuta gialla, Lo spettacolo è di grande impatto sul pubblico, anche se non manca qua e là qualche effetto facile. Il finale è travolgente, con Slava che avanza in mezzo al ghiaccio in un paesaggio polare, mentre le scenografie si muovono insieme a lui e una tempesta di neve si abbatte sugli spettatori. Dietro il suo spettacolo ci sono certamente la gloriosa tradizione circense russa e un grottesco alla Gogol ma anche la lezione di Chaplin e di Marcel Marceau, senza trascurare la clownerie dei film di FedericoFellini..
Giovanni Antonucci
Da Il Giornale.it del 03-01-06
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