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Circo e sinti / rom, l’opinione di Paride Orfei

Paride Orfei

Circo e sinti / rom, l’opinione di Paride Orfei

Vespa: Altro che schedatura, ci vuole il dna

Per ragioni che non ricordo, ho ben due visti d’ingresso negli Stati Uniti stampati sul mio passaporto. Visti di lunga durata, segno che l’amministrazione americana mi conosce e non ha niente da temere dal mio ingresso negli Usa. Bene, ogni volta che vado in quel paese, mi vengono prese le impronte digitali e ora vengo sottoposto anche all’esame dell’iride. Questo accade ovviamente anche ai turisti che vanno negli Stati Uniti senza visto d’ingresso, ma nel mio caso, e in tutti gli altri simili, il fatto di aver passato gli esami presso il consolato americano di Roma non vale assolutamente nulla. Anzi, dato che uno dei visti è professionale, talvolta gli impiegati dell’immigrazione mi chiedono quale lavoro vado a fare per qualche giorno da loro.
Ecco perché mi è difficile scandalizzarmi per la decisione del ministro Roberto Maroni di sottoporre i rom, minorenni compresi, all’esame delle impronte digitali. Per superare il sospetto che si tratti di una misura di natura etnica, e perciò discriminatoria, si potrebbe stabilire fin da subito che ciascuno di noi, bambini compresi, al momento del rinnovo del passaporto o della carta d’identità debba lasciare le proprie impronte digitali. Se abbiamo un problema di sicurezza, rendiamoci sicuri anche da noi stessi dando il buon esempio.
Il problema dei rom è diverso. E viene segnalato da una fonte insospettabile come Paride Orfei, esponente della nota famiglia di circensi. I nomadi sono divisi in due rami: i rom e i sinti. Vengono entrambi dall’Asia, erano nomadi già un migliaio d’anni fa e i sinti, originari della Persia, già allora erano specializzati in giochi. I titolari dei circhi più famosi d’Italia (e non solo), gli Orfei, i Togni, i Medrano, sono tutti sinti. Bene, Paride Orfei che conosce bene il suo mondo dice che prelevare le impronte serve a poco. Già oggi tutti i bambini che vengono arrestati e mandati in comunità protette, dalle quali fuggono nel giro di poche ore, lasciano le loro impronte digitali. Così i poliziotti sanno che hanno rubato 30 o 300 volte e non possono far che ripetere l’inutile rito di un affidamento inutile: i bambini hanno già in tasca il cellulare e i soldi per raggiungere la loro banda familiare. Quando vengono arrestati (separatamente) i loro genitori, o sedicenti tali, li disconoscono.
Paride Orfei sostiene di avere le prove che ci sono bande di sinti e di rom che entrano in Italia portando con sé decine di bambini, spesso da loro comprati o rubati. Registrare questi piccoli disgraziati con le impronte a loro non costa nulla. L’unico modo per smascherarli, dice Orfei, sarebbe prenderne il dna. E qui tocchiamo un tasto delicatissimo.
Personalmente non avrei nessuna difficoltà a depositare da qualche parte il mio codice genetico. È mio e credo che nessuno possa giocarci illecitamente, anche perché c’è sempre la prova finestra. Ma in molti casi il dna sarebbe utilissimo: ad accelerare, per esempio, le cause per l’accertamento o il disconoscimento della paternità, oltre a chiarire una infinità di situazioni criminali nelle quali possiamo essere coinvolti anche di striscio. Credo perciò che prima o poi arriveremo anche a fare una banca nazionale e internazionale del dna. Intanto si potrebbe rendere obbligatorio prendere il dna delle persone fermate o arrestate dalla polizia, di qualunque età esse siano. Così sapremmo chi sono i padri padroni che sfruttano i figli o quelli che schiavizzano i figli d’altri.
E pensate se in ciascun paese il dna fosse preso alla nascita. Tutti sapremmo da dove vengono i criminali che vivono senza documenti per evitare il rimpatrio. Ma questa, purtroppo, è fantascienza.

Da blog.panorama.it del 05/07/08

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05/07/2008 18.07.48

Circo e sinti / rom, l’opinione di Paride Orfei

 

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