Quando Leo Wächter fece «Ciak»
Milano Segreta
Dai Beatles ai Rolling Stones: come lo scopritore di talenti arrivò a fondare il palcoscenico da cui sono passati i principali attori italiani
I Beatles avevano i giorni contati. Almeno secondo gli addetti ai lavori che dalle pagine di quotidiani e riviste salutavano la loro tournée italiana con toni non troppo entusiastici. «Non sono che quattro ceffi, quattro zazzere, quattro “sublimi idioti”, quattro scalzacani, ma riescono a fare uno spettacolo di fronte al quale non c’è che da ammirare e da sbalordire», scriveva Gino Tani dalle colonne de «Il Messaggero», recensendo così la tappa romana dei quattro «scarafaggi» che in quel giugno del ’65 avevano già toccato Milano (il 24 si erano esibiti al Velodromo Vigorelli) e Genova.
A credere in loro invece era stato Leo Wächter, organizzatore del primo e unico tour dei Fab Four in Italia, secondo cui mentre «McCartney comandava, Lennon era indubbiamente il più intelligente». Il quartetto di Liverpool fu solo una delle tante «conquiste» dell’impresario di origini polacche, che portò nel Belpaese artisti del calibro di Louis Armstrong, Count Basie, James Brown, Chick Corea, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Jimi Hendrix, i Rolling Stones e The Who, solo per citarne alcuni. Senza dimenticare le esibizioni di basket degli Harlem Globetrotters Esther Williams, campionessa di nuoto e attrice americana nota per i suoi balletti nell’acqua, e la balena Giona, catturata in Norvegia e lunga 24 metri, che attirava folle di curiosi. Fu un fiasco invece la serata in cui presentò Frank Sinatra, tanto che The Voice non ritirò nemmeno l’incasso, donandolo in beneficenza.
Ma come arrivò a Milano Leo Wächter? Fuggendo dalla sua terra natale (nacque nel 1922 a Kolomea, in Polonia), perché era ebreo, motivo per cui a soli undici anni fu rinchiuso a Dachau («Quando pioveva o nevicava ci tenevano in piedi, a torace nudo, nel piazzale. Guai a cadere: ci restavi per sempre per terra»). E fu ancora fuga: grazie a suo padre che riuscì a corrompere un ufficiale nazista, la famiglia si diresse prima in Olanda, poi in Jugoslavia e infine in Italia. A Milano, dopo aver trascorso undici mesi nel carcere di San Vittore, nel 1943 Leo diventò partigiano (un giorno a soccorrerlo in seguito a un ferimento sarà un ferroviere, il padre di Dario Fo). Finita la guerra fu attivo nella Lega italiana contro i tumori insieme a Pietro Bucalossi, oncologo, poi sindaco del capoluogo lombardo. Finché la passione per lo spettacolo non prese il sopravvento e così si dedicò a far conoscere al pubblico italiano il Circo di Mosca, il Circo di Pechino e il Coro dell’Armata sovietica.
E se vi capita fra le mani «Lo svitato», un vecchio film del ’55 diretto da Carlo Lizzani, con Dario Fo e Franca Rame, fra gli attori noterete anche un certo Leo Pisani, nient’altro che il nome d’arte di Wächter, lo stesso che aveva utilizzato per scampare alle leggi razziali. Poi vennero il jazz, il rock e i musical «Ciao Rudy», «Hair» e «Jesus Christ Superstar», e la scena musicale milanese ampliò la sua offerta proprio grazie a lui. Ma l’anno della svolta fu il 1977, quando Leo trasformò il vecchio cinema Dea di via Sangallo 33 in un locale che proponeva due film (il primo proiettato fu «Cina» di Michelangelo Antonioni) intervallati da uno spettacolo di cabaret di un’ora circa, il tutto a prezzi contenuti.
Com’era? «I milanesi lo chiamavano “el pissa” per il tremendo fetore d’urina che emanava. E poi, fuori mano, situato vicino all’Istituto Tumori e all’obitorio, sai che risate. Eppure…». Eppure fu il Ciak e fu un successo. Sul palco del cineteatro si alternarono Alessandro Bergonzoni, Enrico Bertolino, Enrico Beruschi, Claudio Bisio, Massimo Boldi, Walter Chiari, Lella Costa, Dario Fo, i Gatti di Vicolo Miracoli, Beppe Grillo, Franca Rame, Nanni Svampa, Teo Teocoli, Massimo Troisi, Franca Valeri, Zuzzurro e Gaspare e Victoria Chaplin con il suo Circo immaginario. Franco Battiato vi debuttò con la sala semivuota per Paolo Conte fu un trionfo di applausi, mentre Diego Abatantuono, che non si aspettava molti spettatori, si dovette ricredere quando vide le strade intorno al Ciak bloccate dal traffico.
Qualsiasi cosa succedesse Leo era sempre lì, seduto dietro alla cassa, perché diceva che «ci vuole un occhio in scena e l’altro in platea: l’impresario vince se è strabico». A sostituirlo a vent’anni dall’apertura del celebre locale sarà Maurizio Costanzo, che nel 1997 assunse la direzione artistica (dal ’99 il patron è Gianmario Longoni). La stagione che inaugurò fu la prima senza Susanna, la figlia trentaseienne di Leo che con lui
lavorava al Ciak (insieme all’altra figlia Patrizia), morta l’anno prima in un incidente stradale. Tre anni più tardi, nel giugno del 2000, scomparirà anche Leo all’età di 78 anni, provato da una lunga malattia. Lui che «arrivava con la barba e la bicicletta scassata, fu un rivoluzionario dello spettacolo a cui dobbiamo riconoscenza» commenterà l’amico Dario Fo. La sala di via Sangallo che aveva ospitato tanti professionisti della risata propose il suo ultimo spettacolo il 26 novembre 2007, per poi traslocare nel teatro-tenda della Fabbrica del Vapore al numero 4 di via Procaccini. E di Leo Wächter rimane l’impronta, oltre che il nome scritto a caratteri cubitali sulla facciata del suo Ciak.
Francesca Belotti e Gian Luca Margheriti
Da www.corriere.it del 16/09/08
16/09/2008 20.59.55
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