«Se Donizetti va al circo e si diverte..»: bene la prima al Petruzzelli
Applausi tanti e consensi a un Elisir d’amore, che pure un tantino cura e attutisce i nostri acciacchi, malanni e sospirosi dolori, d’amore e non solo
PASQUALE BELLINI
12 Settembre 2020
La regia è dell’italo-venezuelano Victor Garcia Sierra, con la direzione di Michele Spotti dell Orchestra della Fondazione (in organico quasi cameristico) col Coro diretto da Fabrizio Cassi. Accolti, in sala e dalla ribalta, da equilibristi su trampoli e da giocolieri i circa 600/700 spettatori ammessi (evviva, era ora!) allo spettacolo della lirica dal vivo, ben volentieri, forse, accolgono il clima di chiassosa fantasticheria infantile che accompagna dall’inizio alla fine la vicenda sentimentalissima di Nemorino e Adina, le smargiassate del sergente Belcore, la comica medicina miracolosa del Dottor Dulcamara. La musica, si sa, di Gaetano Donizetti per l’Elisir travolge e supera le maniere tardosettecentesche dell’Opera Buffa (siamo nel 1832) e supera forse lo stesso canone rossiniano del Barbiere di Siviglia, introducendo una comicità «di carattere» basata un po’ sulla psicologia dei personaggi, che appunto la musica asseconda in alternanza di ritmi burleschi, spasimi accorati e sentimentalismi esalati. I contadini e le contadinelle qui leggono di Tristano e Isotta (come la colta Adina!), soffrono e palpitano, sui versi del libretto di Felice Romani (debitore da Le Philtre di Scribe/Auger), nell’impeccabile struttura testual-musicale e con la felicità creativa qui irrefrenabile di Donizetti.
Uno chapiteau circense, in questa regia coloristica-pop di Garcia Sierra, innalza il suo tendone giallo, si affollano clown, acrobati e tante figurine sfuse tratte dall’arguzia popolaresca di Botero; fondali densi di fiori e colori si addossano alle cruciali arie e romanze dell’Elisir d’amore, in generale anche isolate dalle luci ed esaltate scenicamente come da giusta prassi operistica. Dulcamara, un po’ gran domatore di villici, spaccia buffamente il suo Vaccino, pardon il suo Elisir, mentre Nemorino si dispera e piange il suo amore, Adina fa la vezzosa, prima finge amore e promette nozze con il Belcore sergente (vero Scaramuccia da Commedia dell’Arte!) poi capitola inevitabilmente, da cui immancabile la furtiva lagrima di Nemorino.
Festosa la direzione di Michele Spotti, attento con brio ad accentuare ritmi e timbri, specie nei pizzicati, col Coro ben condotto da Fabrizio Cassi. La dimensione di forte colorismo e i riferimenti festaioli e acrobatici al mondo del Circo (forse un tantino marcati!) un poco finiscono con lo smorzare la forza drammaturgica dei personaggi e anche i loro percorsi canori, ma non più di tanto grazie (va rilevato) al vigore ben bilanciato della compagnia di canto, in primis della coppia Adina-Nemorino dove un’eccellente Marigona Qerkezi/Adina spunta grandi slanci di potenza accanto a coloriture «all’antica»; mentre Ivan Ayon Rivas dà nerbo e slancio ai patemi d’animo di Nemorino.
A cantare nel ruolo, per la recita di oggi, sarà il tenore Nico Franchini, barese. Fabio Capitanucci è il Dulcamara dottore «buffo» e bas-bariton autorevole, Vittorio Prato il sergente Belcore, baritono strappa-cuori, Rinako Hara la Giannetta. Dopo che il sentimento e l’allegrezza hanno trionfato, gran Parade di colori, quadri di Botero e Mongolfiera che sale al vento.
Applausi tanti e consensi a un Elisir d’amore che pure un tantino cura e attutisce, al Petruzzelli, i nostri acciacchi, malanni e sospirosi dolori, d’amore e non solo.
Da www.lagazzettadelmezzogiorno.it del 12/09/20
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