Tendoni chiusi, un Natale senza circo
Quello di quest’anno sarà il primo Natale senza circo. Da nord a sud i tendoni con le rispettive compagnie sono rimasti fermi nell’ultima piazza dove avevano dato spettacolo prima che il decreto li bloccasse definitivamente. Un vero e proprio disastro per il settore. Il tutto nella più totale indifferenza delle istituzioni.
«La situazione dei circhi in Italia è drammatica. Il grosso dei complessi è fermo dall’inizio di marzo a causa della pandemia». A parlare è Antonio Buccioni, presidente Ente Nazionale Circhi. «Il sostegno più significativo al settore è arrivato da organizzazioni cattoliche, Coldiretti e Protezione civile in ordine all’approvvigionamento alimentare, specie per gli animali. Dei 20 milioni messi a disposizione dallo Stato per artisti e maestranze dello spettacolo, al circo sono arrivati circa 700.000 euro. Una cifra assolutamente irrilevante – denuncia Buccioni. – L’erogazione destinata al circo è manifestamente la più bassa rispetto ad altri comparti dello spettacolo, per certi aspetti mortificante. Se si pensa che lo spettacolo viaggiante riferito al mondo dei giostrai ha percepito due trances da 5 milioni di euro, ci chiediamo perché tutta questa grande differenza con il mondo del circo che pure conta una infinità di posti di lavoro e di aziende che da una vita portano avanti quest’arte popolare – conclude il presidente dell’Ente Nazionale Circhi. La cosa che ci addolora di più è che il Mibac si è completamente dimenticato della nostra esistenza».
Il settore in Italia conta circa 100 realtà (tra circhi tradizionali, arene estive, teatri viaggianti, quelli di burattini e marionette ed esibizioni moto-auto acrobatiche) con 5.500 persone che vi lavorano. «C’è stata una ripresa estiva utile alle arene e alle esibizioni moto-auto acrobatiche. – continua Buccioni – Ma le altre realtà, per mancanza di condizioni non potendo ospitare più di 200 spettatori a rappresentazione, hanno preferito non riaprire».
Così è stato anche per il circo Lidia Togni che è bloccato sull’Appia a Roma. «Da nove mesi bloccati per l’emergenza Covid-19, viviamo nell’incertezza: nessun accenno a una eventuale riapertura. Non se ne parla. Il Governo si è dimenticato dei circhi e degli spettacoli viaggianti in genere. Il contributo statale? Pari a 9.600 euro quando noi spendiamo circa 6.000 euro ogni mese per la cura degli animali a nostro seguito – sottolinea Francesco Merrina, responsabile organizzativo del circo Lidia Togni, a giudizio del quale la situazione attuale è diventata – ormai insostenibile. Siamo 15 persone a lavorare nel circo Lidia Togni, ma con le rispettive famiglie arriviamo a 40. Gli assunti hanno preso 210 euro di cassa integrazione: 210 euro con famiglia a carico!- ripete incredulo. La nostra – spiega Merrina – non è una attività che chiudi la porta e finisce lì. Continuiamo ad avere consumi, abbiamo gli animali da gestire e curare. Non ce la facciamo più… durante il primo lockdown un aiuto è arrivato dalla Protezione civile che ci ha consegnato 22 balle di fieno»-
«A giugno abbiamo deciso di non riaprire perché non ci conveniva anche per questioni organizzative. L’abbiamo fatto ad ottobre scorso, l’attività è durata una settimana, poi il nuovo stop. La cosa assurda è che aprono i centri commerciali con nessun criterio di controllo e a noi ci fanno stare chiusi quando non c’è mai stato un contagio e la sicurezza è sempre stata garantita».
C’è chi come la Zoppis Production che da anni organizza grandi spettacoli internazionali, senza l’ausilio degli animali, come CirCuba, Aqua, gli Orrori e tanti altri che a febbraio scorso ha deciso di sospendere l’attività mandando a casa tutti gli artisti e rinunciando a tour internazionali. «Non è stato facile prendere la decisione di chiudere tutto – spiega Heidi Zoppis responsabile del gruppo – Dopo Roma il 1 marzo dovevamo imbarcarci con lo spettacolo Aqua per la Spagna ma, il lockdown europeo alle porte. ci ha fatto saltare tutti i piani facendoci perdere migliaia di euro già investititi nel tour. La nostra fortuna è stata quella di aver potuto mandare nelle rispettive nazioni gli artisti prima che bloccassero i voli internazionali. Non solo ma saremmo dovuti tornare in Italia a Pasqua con un secondo show già programmato che chiaramente non abbiamo potuto fare. E ora siamo fermi senza poter programmare nulla, annullato anche lo show di Natale a Roma nella più totale indifferenza dello Stato. Questo per il circo è il miglior periodo dell’anno e non poterlo sfruttare è una grande rovina nonostante le nostre aziende continuino a tenere alti i costi di gestione. Mi piacerebbe avere un incontro con il ministro Franceschini per fargli conoscere un mondo che sicuramente non ha mai visto e compreso a fondo per scoprire se poi continuerà a pensarla in questo modo. I nostri spettacoli sono un forma d’arte dal vivo che va valorizzata e non dimenticata».
Da www.iltempo.it del 10/12/20
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