La scomparsa di Salvatore Zavatta, l’artista circense che amava il vibonese
La notizia della scomparsa dell’artista circense Salvatore Zavatta arriva improvvisa anche nel vibonese, in tanti a Vibo Valentia e provincia lo ricordano con affetto perché, qui da noi, conosceva davvero tanta gente e lui amava profondamente e visceralmente questi luoghi. Zavatta aveva un rapporto di cuore con la Calabria in generale, ma per il vibonese aveva una sintonia speciale. Ogni tanto ritornava, scendeva, dalla Puglia dove abitava, nei suoi luoghi della memoria. I suoi passi risolcavano le strade di tanti paesi e paesini, ed in questi luoghi ritrovava ancora tante persone amiche, gli spazi dove si accampavano carrozzoni e roulotte, i tanti ricordi di un tempo, perché qui ogni cosa “parla” ancora di quel periodo lontano e di quel “Circo” che ritualmente ritornava. Questo circo era quello dei Zavatta, la famiglia circense più antica d’Italia con un circo molto prestigioso, dalla grande tradizione storica, che offriva uno spettacolo dignitoso, divertente ed esilarante. Salvatore Zavatta avanzava a tappe per le strade del vibonese, lo riconoscevano in tanti nei tratti somatici, lo fermavano per un saluto, una parola, un ricordo da far emergere, ancora una volta. Per le strade dei paesi sembrava quasi di sentire ancora quella voce dell’altoparlante: “Questa sera alle ore 21,00 grande spettacolo con il Circo Zavatta”.
A Piscopio Zavatta si era fatto un selfie, una foto davanti alla chiesa di San Michele, poi aveva incontrato i tanti amici e conoscenti, così come a Pizzo e a Vibo Valentia dove, “anticamente”, suonava la chitarra in coppia con Pino Puzzello e in tanti altri paesi del vibonese. A Briatico aveva effettuato una passeggiata della memoria, alla marina della Rocchetta, in piazza IV Novembre e poi nello spiazzo di Cocca, dove, tradizionalmente, si montavano i colorati tendoni del circo. Il circo, in un territorio come il nostro, ha sempre avuto una grande funzione sociale, di cultura e divertimento. Quando arrivava, il Circo Zavatta si stabiliva in paese per molto tempo, un intero mese a Briatico, due mesi a Parghelia, un altro a Tropea ed una settimana a Zaccanopoli. Mimmo Calabrò ci racconta che “la prima volta che il circo arrivò a Briatico era il 1963. In piazza San Nicola, davanti alla chiesa, ci doveva stare quindici giorni, rimase per mesi e tutti i giorni era pieno”. Il circo Zavatta aveva i carrozzoni colorati, le gabbie viaggianti con dentro gli animali feroci ed esotici e rari, un lama, alcuni cavalli pony, un elefante, un dromedario, scimpanzé ed altri animali che i bambini potevano vedere per la prima volta in vita loro.
Poi c’era un’intera famiglia Zavatta, persone e personaggi erranti per le strade di tutta Europa. Nei carrozzoni in legno intorno al tendone stavano padre, madre e ben sette figli. C’era lui, il moro Salvatore, e Ferdinando, il biondo palestrato, uno ballerino e cantante e l’altro acrobata e trapezista; c’era il giocoliere Enrico, l’equilibrista Assunta, c’era Rosetta e poi c’erano due gemelli più giovani, il proprietario del Circo, Alberto Zavatta, che in pista diventava la mitica figura di Scarpacotta. A Briatico la famiglia Zavatta era di casa, faceva rifornimento di cipolla rossa, preparava le bottiglie della salsa, seccava i pomodori al sole e prepara le alici salate. Salvatore Zavatta raccontava: questi luoghi mi fanno ricordare Bacicca, la nostra asinella sardegnola, il cavallo Fiorello, il pastore tedesco Rochy.
Prima di ripartire Zavatta aveva incontrato Pino Albanese, Tommaso Prostamo, la mammineja Anna Petruzza, e poi l’amico di sempre, Domenico Grasso, con ancora tanti lontani ricordi …la famiglia Zavatta frequentava assiduamente la campagna dei Grasso sotto il Farcò, “eravamo molto amici – ci dice Domenico Grasso – loro portavano il cavallo Fiorello per brucare erba fresca sotto l’uliveto, raccoglievano interi sacchi di erba per gli altri animali, io regalavo loro quel che potevo, pomodori, peperoni, cipolle, un giorno con quel cavallo mi feci anche un giro di tutto il Farcò, riuscii a cavalcarlo. Passarono degli anni, quando ritornarono nella mia campagna il cane Rochy li riconobbe subito, saltava gioioso addosso a loro”.
di Franco Vallone
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