ORLANDO ORFEI La carriera da domatore (Video 1992) – WORLD CIRCUS ARTIST
Orlando Orfei (1920-2015) è stato un grande direttore, un carismatico artista e addestratore di leoni, ma anche regista, pittore, istrione, attore, comunicatore, per un breve periodo persino Presidente dell’Ente Nazionale Circhi. Tante cose sono state raccontate e non basterebbe un libro a raccogliere aneddoti, episodi, traguardi raggiunti e imprese compiute. Un eroe dei due mondi che dopo essere divenuto popolarissimo in Italia ha attraversato l’Oceano per fondare un proprio impero anche in Sud America dove divenne anche lì amato e popolare, sia in veste di direttore di circo, che di imprenditore e carismatico “picadeiro”. Ed è proprio su questo lato della sua personalità che dedichiamo questo articolo corredato da un video inedito (cortesemente fornitoci dall’amico e corrispondente Juan Pablo de la Cruz) che lo vede tra i suoi leoni nell’ultima parte della propria carriera, nel 1992 quando in occasione della permanenza del proprio circo a Cordoba (Argentina) portò il suo ultimo gruppo di leonesse nello studio del programma tv “Pan y Manteca”, programma per bambini di cui era diventato una vera e propria star.
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(Archivio Juan Pablo de la Cruz)
GLI INIZI TRA I LEONI
Orlando divenne domatore di grandi felini nel 1956 in maniera del tutto casuale: allora il Circo Nazionale Orfei disponeva di un numero di leoni presentati da un domatore scritturato e contemporaneamente aveva acquistato un gruppo di leoni giovanissimi, non ancora pronti ad esibirsi, la cui preparazione era stata affidata ad un addestratore reclutato appositamente per quel compito. Inevitabilmente tra l’addestratore ed il domatore “ufficiale” si crearono frizioni, gelosie e reciproche critiche sui metodi di addestramento al punto che Orlando dovette presto liberarsi di entrambi, trovandosi da un momento all’altro senza numero di gabbia e con un gruppo di giovani felini ancora impreparati per lo spettacolo. Iniziò così da zero, ponendosi tutti i problemi di chi fino ad allora non aveva avuto a che fare con i leoni: da quello di riconoscere i vari elementi del gruppo fino alla ricerca di uno stile di addestramento che fosse del tutto nuovo: il “suo” inconfondibile stile che lo caratterizzò per tutta la carriera. Per riconoscere gli elementi, si fece scrivere dall’addestratore su un foglietto il nome di ogni animali che associò ad un colore, poi con la vernice tracciò una pennellata di colore diverso su ciascuno elemento del gruppo.
ORLANDO ORFEI La carriera da domatore
Da un punto di vista “tecnico” Orlando stabilì un contatto fisico con i suoi animali molto stretto fatto di abbracci, carezze, pacche e giochi con la coda, fino a dar vita ad una vera a propria recita in cui sembrava giocare con l’animale che quasi interpretava la sua parte. In realtà erano “giochi” molto pericolosi che Orlando ha pagato con una quantità infinita di ferite e graffi (e talvolta anche ricoveri in ospedale) derivanti dall’eccesso di confidenza con le belve e non certo dalla ribellione dell’animale al domatore che nel caso di Orlando riusciva penetrare nella psicologia del felino. Questa complicità con i leoni Orlando l’ha dimostrata pienamente nel suo rapporto con la leonessa Theret, (presentata durante lo spettacolo come “l’unica belva al mondo addestrata in una parte comica”). Raccontava lo stesso Orlando: “Io vado a cavallo di Theret, con lei ballo il valzer, tiro di boxe, fingo di spararle sparo, lei cade in terra, si rialza, le do uno schiaffo, lo sopporta, gliene do un altro, lei allunga una zampa, mi afferra, ma non per farmi male, solo per darmi un abbraccio ed un amorevole bacio che mi sembrava la raspa di un falegname che mi accarezzava il viso”. Il suo numero con sette leonesse (tra cui spiccavano Theret, Blondie, Jughi, Maika e Adry) presentato in Italia rimane davvero un cameo di storia del circo, per la sua abilità di fare spettacolo e di rendere un numero apparentemente senza grandi esercizi, un vero e proprio show. Altra sua caratteristica (soprattutto nel periodo italiano della sua carriera e in quello finale) la scelta del costume bianco che riprendeva una corrente in voga tra i domatori degli anni Cinquanta e che lo ha contraddistinto a lungo così come Darix rimase sempre identificato come “il gladiatore” per il suo costume di scena. Grazie alla sua personalità istrionica e alla fama derivante dal lavoro con i felini, raggiunse una tale popolarità che tra il 1959 e 1960 divenne protagonista della serie tv “Il domatore racconta” (di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa) e incise un 45 giri che descriveva i momenti salienti dello spettacolo.
INTREPIDO TRA LE IENE
Sul finire degli anni Cinquanta Orlando allestì un momento di spettacolo con un gruppo di iene che è passato alla storia, anche se non di “dolcezza” si poteva parlare in questo caso. Lasciamo la descrizione di quel numero alle parole di Liana Orfei: “Mio Zio era dentro la gabbia e le iene gli saltavano addosso. Orlando si difendeva. Il pubblico tratteneva il respiro, inchiodato dal crac-crac dei bastoni che le iene addentavano e stritolavano. Distrutti i bastoni, mio zio apriva lo sportello della gabbia ed attraverso il tunnel faceva rientrare le iene nelle loro gabbie, tutte meno una. A questo punto c’era la cattura della iena e qui era il vero pericolo: con la corda della frusta zio Orlando faceva un cappio, si avvicinava alla iena e glielo metteva intorno al collo; poi, mentre con una mano teneva il cappio, con l’altra prendeva l’animale per la coda e sollevandolo da terra si metteva a girare velocemente su sé stesso, così da impedire alla iena di mordere. Tuttavia per due volte la bestia riuscì ad addentarlo: la prima al ginocchio, mentre la seconda gli stritolò una mano, al punto che dovettero rimettergliela insieme a brandelli. Valeva la pena? «Sì!», rispondeva mio zio, perché il pubblico si entusiasmava. E lui con l’orgoglio della gente del circo sapeva di farsi mangiare, ma continuava ad esibirsi”. L’incidente più grave nel 1960 durante la tournée in Kuwait del Circo Orfei, quando una jena gli morse un ginocchio sbriciolandoglielo. Dopo quegli infortuni, Orlando si dotò di stivali protettivi molto alti resistenti che impedissero ai morsi della iena di penetrargli nella carne. In questo sta la grandezza del “domatore” Orlando: nella sua capacità di spendersi interamente per il pubblico, a costo di qualsiasi rischio.
LA LEONESSA AL GUINZAGLIO
L’immagine iconica di Orlando che ancora oggi lo rappresenta al meglio lo vede a passeggio con una leonessa: a bordo di un’auto, a bordo spiaggia, su un pattino a remo sulla costiera romagnola, ad abbeverarsi in Piazza di Spagna e così via. Qui entra in gioco non solo l’Orlando domatore, ma l’Orlando comunicatore e stratega del marketing. La sua lungimiranza gli fece capire la forza di quell’immagine a livello pubblicitario: ben più di un manifesto, il domatore che porta al spasso un leone era aveva una efficacia universale imbattibile. Così per anni si è fatto accompagnare da Sofia (una leonessa che era stata aggredita da una tigre che era riuscita a entrare nella sua gabbia fino a quasi ucciderla e che poi era stata amorevolmente curata e rimessa in sesto manifestando una indole docile) in mille situazioni differenti.
ORLANDO ORFEI La carriera da domatore
Sofia non è da confondere con Theret, che pur essendo la preferita di Orlando, non usciva dalla gabbia e aveva mantenuto un carattere che non le avrebbe consentito di essere portata in libertà. La confidenza che aveva con i suoi leoni lo introdusse nel mondo del cinema come consulente e controfigura di peplo movie, le pellicole ambientate nell’antica Roma. Un film molto interessante in tal senso è “Ursus nella Valle dei Leoni” nel quale, pur in veste di controfigura degli attori protagonisti, Orlando è presente con versioni dei numeri di iene e leoni contestualizzate con la scenografia del film, ma distinguono chiaramente le routine che aveva con i suoi animali.
L’AVVENTURA BRASILIANA
L’avventura brasiliana ebbe inizio a fine marzo del 1968, anche se già diversi mesi prima ad Orlando giunse da impresari brasiliani una proposta irrinunciabile in virtù della quale veniva scritturato il suo spettacolo per un periodo limitato di spettacoli a Saõ Paolo del Brasile. Orlando partì non con l’intero circo, ma con buona parte della compagnia e gli animali di proprietà. La famiglia di Miranda Orfei con i figli Daniele e Massimiliano rimase in Italia e pochi mesi dopo aprì il proprio complesso.
Il materiale di Orlando partì da Roma per il Brasile il 30 marzo 1968 con un areo della Pan American chiamato “L’Arca di Noè” in quanto era la prima volta che un cargo portava una così grande quantità di animali oltre Oceano: oltre a portare alcune attrezzature (tra cui la copertura dello chapiteau, ma non le antenne né le gradinate, e le fontane danzanti) il grande velivolo portava il gruppo storico delle leonesse di Orlando Orfei, un altro gruppo di leoni giovani, il numero misto (che portava in gabbia anche una capra), tre orsi bruni del domatore danese Sven Evertyk, le colombe di Herta Herling, la moglie di Orlando e altri animali.
Il personale (circa una settantina di persone) era già partito in aereo nei giorni precedenti). Il resto degli animali e del materiale sarebbe dovuto arrivare in un secondo momento via nave, ma come vedremo tra poco, quella nave non partì mai. A Rio de Janeiro li attendeva una serie di spettacoli nei palazzi dello sport (i cosiddetti “ginnasi”) motivo per cui non vennero portare le strutture metalliche dello chapiteau né gradinate e automezzi. Il successo non tardò ad arrivare e con esso i pienoni e gli esauriti che fecero di Orlando un idolo anche in Brasile.
LA GUERRA CIVILE E LA RIPARTENZA
Di lì a poco, però, in Brasile esplose una rivoluzione ed in seguito ad un attentato dinamitardo venne meno la reazione dell’esercito; i rivoluzionari bloccarono tutta São Paulo con carrarmati e mitragliatrici, riducendo drasticamente i successi che il circo stava riscuotendo. Da quel momento iniziò per la compagnia di Orlando un momento critico. Mancavano la struttura metallica dello chapiteau, le gradinate ed i mezzi di trasporto per spostare il circo, in un paese straniero a 12.000 km dalla madre patria, avendo a carico per giunta decine di persone. E i soci italiani e brasiliani che avevano portato Orlando in Brasile si erano dileguati con gli incassi e chi rimase, non aveva le risorse per far fronte a quelle difficoltà. Nonostante le avversità Orfei non si perse d’animo, esibendosi per sopravvivere nei palazzetti di piccoli paesi dell’interno del Brasile, non avendo più i mezzi per affrontare grandi città. In questo modo si allontanarono sempre più da São Paulo e Rio de Janeiro, spingendosi fino al Mato Grosso ai confini del Brasile. Nel frattempo Orlando incontrò dei connazionali che gli prestarono del materiale con cui costruirsi un circo: legname, ferro, tela e altro ancora, insieme alle officine che si misero a disposizione oltre il consueto orario di lavoro. Ciò consentì ad Orlando di avere un circo proprio, così da non dover più prodursi nei “ginnasi” non sempre disponibili e soprattutto molto cari. In un primo momento l’intenzione era di guadagnare una cifra che consentisse il ritorno in Italia. Inoltre (ancora una volta la sorte fu benevola con Orlando) il sindaco di São Paulo in quel momento era figlio d’italiani e autorizzò il complesso a lavorare in una piazza centrale, in cui venne allestito il cantiere di lavoro. Durante la costruzione del circo, la compagnia continuava ad esibirsi nei ginnasi a 700 o 800 km da São Paulo e per recarsi a dirigere i lavori di costruzione Orlando viaggiava di notte in autobus, in quanto lui era l’attrazione principale dello spettacolo, ma al contempo anche il direttore dei lavori.
ORLANDO ORFEI La carriera da domatore
Al debutto, avvenuto dopo quasi due mesi, tornarono i pienoni ed i successi; purtroppo dopo quei sei mesi, il circo dovette lasciare São Paulo, in quanto il comune necessitava del terreno per ingrandire la stazione degli autobus. Orlando cominciò quindi a viaggiare per l’interno del paese col circo scoprendo, con somma sorpresa che la sua popolarità era giunta fin lì e che con il suo spettacolo otteneva successi in qualunque paese si esibisse. A quel punto l’obiettivo mutò rispetto agli inizi: non più fare soldi per tornare in Italia, bensì rimanere in Brasile, disponendo di un intero continente da sfruttare in cui la concorrenza era ancora molto scarsa, contro l’elevata densità di complessi che caratterizzava il nostro paese già allora.
E’ in questi anni che si impone in tutto il Sud America il nome e la figura di Orlando che da allora non abbandonerà più quel continente. L’unica eccezione riguarda un breve rientro a Milano in occasione del quale Orlando si sarebbe dovuto esibire al circo del nipote Nando per le Feste 1978/79. Effettivamente grandi manifesti annunciavano il ritorno in Italia di Orlando Orfei tra le belve. La mossa aveva probabilmente anche lo scopo di misurare la tenuta dell’immagine di Orlando in Italia durante la sua assenza di oltre 10 anni, ma finì male, dal momento che effettivamente egli non ebbe mai modo di tornare ad esibirsi davanti al pubblico italiano: infatti, durante una intervista televisiva una delle sue leonesse (che aveva appositamente riportato in Italia dal Brasile) ferì Orlando alla mano con cui era appoggiato alla gabbia, amputandogli di fatto la prima falange del dito medio della mano destra e costringendolo ad un ricovero in ospedale che gli impedì di lavorare in gabbia per tutta la piazza. Orlando tornerà eccezionalmente in Italia in via ufficiale nel 1994 in occasione del 3° Festival del Circo “Città di Verona” di cui è membro di giuria.
I FELINI IN BRASILE
Come abbiamo detto in precedenza, sul grande velivolo “Arca di Noè” viaggiavano, tra i numerosi animali il gruppo storico di leonesse di Orlando (che nonostante la sostituzione di qualche esemplare non era più un numero giovane) e un altro gruppo di giovani leoni che vennero poi integrati nel numero creato da Bertha Prechtl per il cui mantenimento Orlando si fece affiancare da Zoltan Guranyi (1936), un addestratore olandese collaboratore di Eire Klant-Hagenbeck, che aveva preparato numeri per diversi circhi brasiliani. Già quando era in Italia, buona parte degli animali e dei numeri di animali provenivano dall’allevamento di Klant con sede a Cauberg in Valkenburg nei pressi di Maastricht (Olanda) che oltre ad essere uno zoo aperto al pubblico era una scuola di dressage per allievi domatori che poi avrebbero lavorato in tutto il mondo con gli animali di Klant-Hagenbeck. Bertha Prechtl oltre a essere un’ottima artista, era una delle istruttrici di questa scuola-zoo e curò diversi gruppi per Orlando. Zoltan rimase cinque anni (1969-1974) in Brasile con Orlando e durante questa permanenza nacque la figlia Irma così chiamata in omaggio alla sorella di Orlando che la tenne a battesimo. Irma è stata la prima bimba nata al Circo di Orlando da quando arrivò in Brasile e vedremo più avanti che avrà un ruolo importante. Nei primi mesi in Brasile un primo infortunio, non grave e che ebbe lievi conseguenze grazie all’intervento del figlio Alberto che entrò in gabbia per liberarlo da un’aggressione.
Un nuovo gruppo di leoni arrivò intorno al 1974 sempre dall’allevamento di Erie Klant, preparati dalla moglie Bertha e affidati per la preparazione del numero al domatore svizzero Fredy Gafner, anch’egli collaboratore di Klant, noto per aver preparato diversi numeri di felini e orsi polari, in Europa ed in America Latina. Si trattava di un gruppo di otto leoni (alcuni dei quali avevano partecipato alle riprese della serie tv americana “Born Free” (in Italia “Nata Libera”, trasmessa in 13 episodi nel 1975) girate in Africa e che aveva come protagonista la leonessa Elsa. In questo gruppo, che venne poi portato in pista da Orlando, anche tre leoni cavallerizzi.
ORLANDO ORFEI La carriera da domatore
ORLANDO ORFEI La carriera da domatore
Nel 1971 arrivarono in Brasile anche i quattro elefanti che Orlando aveva tenuto fino al 1968 a Roma e che non erano stati imbarcati per il Sud America, ma lasciati in custodia a Klant. Tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, nonostante fosse ormai in pianta stabile in Sud America, più volte i giornali italiani hanno riportato la notizia di infortuni in gabbia, anche gravi, ma dopo i quali è sempre rientrato al lavoro.
ORLANDO ORFEI La carriera da domatore
Nel 1987 si colloca un ultimo gruppo di leoni come ci racconta Irma Guranyi che nel frattempo è cresciuta ed assiste il padre Zoltan e Orlando nella preparazione dei numeri: “Klant mandò me e mio padre a Rio per allestire il numero del signor Orlando, ma quando il numero fu pronto nel 1989, il signor Orlando era stato colpito da un ictus”. La tempra di Orlando è nota a tutti, e dopo meno di un anno tornò in gabbia lavorando con le otto leonesse Sara, Elza, Diana, Miutza, Laika, Daisy, Julia e Sophia.
“Durante la tournée in Argentina del 1992 mio padre iniziava ad avere problemi di cuore – racconta Irma Guranyi – e anche il signor Orlando, che aveva già 72 anni, iniziava ad avere qualche difficoltà a lavorare in gabbia con attrezzi molto pesanti (come gli sgabelli e la piramide soprattutto) da spostare. Aveva una forza straordinaria, e anche dopo l’ictus entrava in gabbia con carisma e magnetismo, ma non era più prudente per lui mettersi in condizione di rischio tra animali feroci. La signora Herta, moglie di Orlando, gli chiese vista l’età, di lasciarmi lavorare con le leonesse, così per un po’ affiancai mio padre e Orlando nelle prove e gradualmente capitava che ogni tanto entrassi io. Nel luglio del 1993 quando ci trovavamo col circo nella città di Tucumã (Brasile) decise di lasciarmi il numero definitivamente. Da allora l’ho presentato io fino 2005 – conclude Irma – quando il circo cessò la sua attività anche a causa del divieto di lavorare con gli animali entrato in vigore nelle grandi città brasiliane; la Signora Herta mi lasciò le ultime due leonesse rimaste, Miutza e Diana, e con mio marito ci trasferimmo in una fattoria per prenderci cura di quegli ultimi animali”.
Quell’anno Orlando appese la frusta al chiodo, ma non si ritirò dalla pista: fino alla chiusura del circo, infatti, pur non lavorando con i leoni, continuò a essere presente nello spettacolo, a esibirsi con le celeberrime fontane danzanti e dare il saluto al pubblico che tanto desiderava vederlo e fotografarlo.
EROE BRASILIANO
Nei 35 anni di attività in America Latina, il “Circo Nazionale d’Italia – Orlando Orfei” è passato alla storia per le sue pionieristiche tournée, avendo attraversato il deserto andino, il Rio delle Amazzoni e valicato le Ande per recarsi in Argentina e in Cile. Nel frattempo Orlando allestì a Rio de Janeiro anche un gigantesco parco di divertimenti, il Tivoli Park (1972-1995), situato in una delle più belle località della città. Questo ci fa comprendere l’imprenditorialità di Orlando, la capacità di immaginare imprese sempre nuove, senza porsi limiti alla propria folle immaginazione. Non a caso il 5 novembre 2012 ottiene la più alta onorificenza del governo brasiliano per i cittadini che hanno reso servizi eccezionali per la cultura brasiliana. Riceve dal presidente del Brasile la Gran Croce del Merito Culturale durante una cerimonia tenutasi al Palazzo Presidenziale. E l’anno dopo il regista Sylas Andrade gli dedica un documentario di 85 minuti intitolato “Orlando Orfei, o homem do circo vivo” che ne traccia il percorso artistico, dai fasti in italiani alle imprese in Sud America.
IL VIDEO DEL 1992
Il video che vi abbiamo proposto in apertura di questo articolo ritrae Orlando Orfei con il suo ultimo gruppo di leoni presentati eccezionalmente nello studio del programma tv “Pan y Manteca” dell’emittente di Cordoba (Argentina) dove con il suo circo stava agendo in quel periodo. E’ un numero piuttosto lungo, anche per le difficoltà di lavorare in uno studio televisivo, tra luci, musica e ambiente diverso. Ma che fornisce a Orlando i tempi per creare quelle situazioni comiche che hanno sempre contraddistinto il suo lavoro in gabbia: non solo tecnica ed esercizi, ma trucchi funzionali alla “commedia” che come ci insegnano le regole della comicità, ha bisogno dei propri tempi. La leonessa che si alza dal proprio sgabello per fare il dispetto alla compagna, quella che si porta via la frusta, l’idea di rivolgersi alle leonesse in Italiano e di chiamarle con appellativi ironici e altre trovate simili fan parte dello stile di Orlando. Certo in questo video non è scattante come nel video del 1959 per “Il Mattatore”, ma del resto era reduce da un ictus e aveva già oltre settanta anni. Nonostante questo, lo spirito, la padronanza della scena, la capacità di giocare con le sue bestie è inalterata.
Testo di Dario Duranti
Video di Juan Pablo de la Cruz
Con il prezioso contributo di Alberto Orfei, Irma Keszy Guranyi e Günter Starkebaum
ORLANDO ORFEI La carriera da domatore
ORLANDO ORFEI La carriera da domatore (Video 1992) – WORLD CIRCUS ARTIST
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