Liana Orfei si è raccontata in un romanzo che tra i “protagonisti” ha il paese dove aveva trovato rifugio durante la guerra
Una vita bella, ricca, cialtrona, povera, piena di successi e di fallimenti, di grandi passioni e infinite, devastanti delusioni, di impossibili grandi conquiste e cadute degli Dei, insomma «una normale storia di tutti i giorni, in un mondo fantastico»”.
Scrivendo queste righe, Liana Orfei descrive come meglio non si potrebbe il suo ultimo libro: “Romanzo di vita vera” (Baldini+ Castoldi). «Secondo e ultimo, perché sono pigra»: ci scherza su l’autrice che nel romanzo, perché di romanzo si tratta, racconta la sua vita. Circense e attrice, componente di spicco della grande famiglia Orfei. Un tuffo nel mondo dello spettacolo: «Un tuffo nella vita – ci corregge Liana Orfei – la mia vita ». Le storie, le avventure e i personaggi si sprecano. Da Grace Kelly e Ranieri di Monaco, ai viaggi in Africa o in India. Poeti e attori, registi come Fellini: «Ma anche persone comuni e un “luogo del cuore”, il mio “luogo da favola” come amo definirlo».
«Parlo di viaggi, di teatro e di cinema. Ma non dimentico il mio luogo del cuore»
Già, perché la storia di Liana Orfei fa perno, per alcuni anni, su un comune della nostra provincia: Marano. Lì, su quelle colline, la famiglia Orfei aveva trovato ospitalità durante la seconda guerra. Papà Paride, mamma Alba e i loro bambini, Rinaldo, Nando e Liana, si erano rifugiati nella casa di Luigiot e Pia Ori. Marito e moglie che lavoravano i campi in attesa del ritorno dei figli richiamati alle armi. A Ca’ Cordella, lungo via Rio Faellano, a Marano. «Un luogo importantissimo per me, non a caso proprio Marano trova spazio in quarta di copertina del libro. Un solco indelebile della mia vita, ricordo ogni momento di quel periodo. Della cordialità di Pia e Luigiot che i miei genitori aiutavano nelle faccende, ma che non avevano chiesto nulla in cambio. Un paese da favola, che porto sempre con me e che nel libro racconto con trasporto». Nel romanzo, la parte dedicata a Marano è infatti ricca di episodi. Tra questi anche il coraggio di Luigiot che si oppose, deciso, ai soldati tedeschi intenzionati a portarsi via papà Paride Orfei. C’è dunque tanto della nostra provincia, ma non solo. «Mi è capitato spesso di sentirmi dire: “Liana, ci racconti di quella volta…”. “Liana, dicci di quel giorno che…”. Tutti aneddoti accompagnati dal proverbia le: “Dovresti scriverci un libro”. E così ad un certo punto ho deciso di farlo. Ci ho messo circa un anno. Mi sono commossa quando bisognava e ho riso quando era impossibile trattenersi. E stato un lavoro lungo. A volte ho stoppato la scrittura, a volte non facevo altro che segnarmi cose da includere del libro. Quando è uscito mi sono detta: avrei altro da raccontare, potrei riempire ancora due libri».
Una vita, ci permettiamo, incredibile. Di quelle, appunto, da scriverci un libro. Proprio un romanzo: «Scegliere qualche episodio in oltre 400 pagine non è facile. Per esempio racconto di quando, vestita da clown, mi sono trovata di fronte a quasi 20mila bufali in Africa. Che mi fissavano, non toglievano lo sguardo da me. In fretta siamo saliti sulla jeep. Oppure dei reali di Monaco, del rapporto che si era creato con loro. Ci sono anche momenti difficili e complicati, come l’aggressione ad un mio operaio in ex Jugoslavia.
C’è una vita vissuta a pieno. Si parla ovviamente anche di cinema e di teatro, di viaggi e di… circo». Diventato grande grazie agli Orfei: «Noi eravamo la famiglia circense conosciuta in Emilia Romagna. La svolta, quella internazionale, è arrivata con Orlando, Liana, Nando, Rinaldo e Moira. Siamo stati noi a dare un “respiro” molto più ampio agli spettacoli degli Orfei. Il nostro lavoro ci ha permesso di essere riconosciuti come i numeri uno nel campo dell’innovazione dei circhi. Ricordo i grandi registi prestati dal cinema o i costumisti da premio Oscar».
Da qui, appunto, la fama internazionale: «Dispiace constatare che in Italia, il nostro settore non sia apprezzato come accade nel resto del mondo. Si ricordano spesso le contestazioni degli animalisti. Voglio sottolineare che gli animali nei circhi sono e saranno sempre trattati nel migliore dei modi. Le polemiche sono tante, ma questa è la verità. E il pubblico ama il circo per gli animali, lo sostiene venendo agli spettacoli. Lo sostiene anche in questi momenti di chiusura con le donazioni di cibo». Si resta quindi in tema. Il virus ha stoppato l’arte e il mondo del lavoro che la circonda: «Una ferita profonda per tutto il “Sistema-artistico”. Ma vorrei approfittare dell’occasione per parlare ancora di quel circo che è stato lasciato solo dalla politica e dai media. Proprio il circo, che ha dato vita alle altre forme dell’arte». Parole di Liana Orfei, la regina del circo.
Di Enrico Ballotti
Da La Gazzetta di Modena
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