SOTTO IL TENDONE / Il domatore Livio: mi candido con Bertinotti. Moira: io preferisco Silvio
Orfei contro Togni, la politica divide le famiglie del circo
MILANO – C’è chi, come Livio Togni, ha il coraggio del domatore e decide di entrare nella gabbia della politica, offrendo di candidarsi per Rifondazione. E c’è chi invece, come Moira Orfei, nutre la sensibilità dell’equilibrista e osserva: i circensi non devono schierarsi con nessuno. Anche se poi, visto che una rete di protezione ci vuole sempre, aggiunge: «Semmai, mi sento più vicina a Berlusconi». Se la politica è spesso un circo, anche il circo non poteva che buttarsi in politica. Il primo a lanciarsi è stato Livio Togni, figlio del leggendario Darix, che a Liberazione , quotidiano di Rifondazione, ha mandato una lettera che assomiglia a un atto notarile: «Io Livio Togni, nato a, residente a, titolare del, offro la mia disponibilità per la candidatura al Senato nelle liste del Prc. Chiedo quindi d’incontrare il compagno Fausto Bertinotti quanto prima». E il compagno Bertinotti non ha perso tempo: candidatura accettata, Livio Togni correrà sotto le insegne della falce e martello.
«Livio pecca di presunzione», sentenzia Walter Nones, marito di Moira Orfei. «Piccola mania di protagonismo», gli fa eco Egidio Palmiri, storico presidente dell’Ente nazionale circhi. «Per quello che mi risulta, Livio non pende a sinistra», assicura Enis Togni. E aggiunge: «Per natura non possiamo e non dobbiamo scegliere una parte politica. Perché Livio l’ha fatto? Il nome Togni può far gola, forse quelli di Rifondazione scarseggiano di nomi… Credo che nemmeno lui sa ancora se si candiderà». E invece Livio ha le idee chiare: «Siamo malconsiderati, viviamo vita natural durante dentro una roulotte e poi non troviamo neppure una piazza dove esibirci. Abbiamo problemi da tutte le parti, ci mettono in condizione di essere fuorilegge». Sembra proprio che il domatore Livio Togni non sarà domato. Anche se sarebbe più corretto chiamarlo ammaestratore. «Ormai gli animali sono in cattività da trenta-quaranta generazioni – spiega Palmiri -. Non sono più pericolosi, non vanno più domati come una volta».
Cambia la terminologia, il circo si evolve, ma lo spettacolo che incantò Chaplin e Fellini vive oggi uno dei suoi momenti più difficili. «Quest’anno ci hanno tolto 545 milioni dai contributi del Fondo dello spettacolo – continua il presidente dell’Ente circhi -. Più dei soldi ci amareggia il gesto, ed è avvilente che due ministri, prima Veltroni e poi la Melandri, si dimentichino sempre di citarci». Palmiri ribadisce che la sua è «un’associazione per statuto apartitica», ma certo ha poca voglia di dire grazie al centrosinistra. «Hanno permesso a tutti di aprire un circo, bastano un paio di marche da bollo da ventimila lire. In due anni da 120 sono diventati 150. Non dovrei dirlo proprio io, ma la maggior parte non è all’altezza». Anche per questo Livio Togni ha deciso di impegnarsi in prima persona. Mentre Walter Nones assicura: «Io non lo farei mai. C’è già chi, come Berlusconi o Bossi, può difenderci».
Da Il Corriere della Sera del 28/02/2001
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